Il punto sulla Serie C (di Ivan Cardia)

22.03.2021 11:00 di  Roberto Krengli  Twitter:    vedi letture
Fonte: tuttoc.com
Ivan Cardia
Ivan Cardia

Mettetevi nei panni di Maxi Lopez. Uno che poche ore fa ha fatto gli auguri a Ronaldinho. Non come un tifoso qualsiasi, ma da amico, perché lui con uno dei 3-4 calciatori più forti degli ultimi vent’anni ci ha giocato. River Plate, Barcellona, Milan, tra le tante. Una Champions League in bacheca, tra i vari trofei vinti. Non sarà stato Ibrahimovic o Ronaldo, ma l’argentino ha giocato e segnato nei più grandi campionati, nelle competizioni più affascinanti. Poi, a un tratto, si ritrova in Serie C, e all’improvviso senza stipendio. Non è scontato che dia il massimo, come non è scontato che lo facciano i suoi compagni, dal palmares più o meno glorioso. Eppure, i calciatori della Sambenedettese lo hanno fatto. Perché questa è una storia di errori, ma anzitutto di uomini. E di un’agonia che una squadra storica e una piazza che vive di calcio non si merita.

Una settimana fa scrivevo che era il tempo della chiarezza. Ancora una volta, non è arrivata. Rassicurazioni private e nessuno chiarimento pubblico. Le voci sul passaggio di quote da Serafino al suo socio coreano, e niente più: solo tanta attesa per conoscere il futuro. Domani i calciatori metteranno in mora la società, l’ha confermato il presidente Calcagno su queste pagine. Di solito, è il primo passo verso la fine. È una mera constatazione su quel che abbiamo già visto e vissuto altrove: quante volte è successo e poi la situazione è migliorata? Mi auguro che sul Tronto succeda qualcosa di nuovo, il timore è che non andrà così. La questione, sportiva, è che in questa situazione la Samb “rischia” comunque di andare in B. Merito dei suoi uomini, del suo allenatore, dei suoi calciatori. Ma, detto fuori dai denti, sarebbe una beffa per tutte le altre società che gli stipendi (almeno quelli, per esempio sulle tasse credo il quadro sia meno positivo di quello delineato dall’avvocato Calcagno, ma è un altro discorso) li hanno pagati e senza approfittare neanche della possibilità di dilazionare.

Un mese dalla rielezione di Gabriele Gravina. 22 febbraio 2021. Avvenuta con una percentuale bulgara che consente di pensare possibile ciò che ci si aspetta da anni. Mettersi all’opera, correggere tutte le storture di questo calcio malandato a tutti i livelli, dai piani più alti (le italiane che fanno figuracce in Europa) a quelli più bassi (le società che si reggono in piedi con la colla o anche lo scotch). Tutto e subito è fuori dal mondo, me ne rendo conto. Però attorno all’elezione ci sono state promesse e proclami: la famosa riforma. Non possiamo permetterci di perdere questo treno. Ecco, a distanza di un mese è ancora tutto troppo fumoso. Per esempio, non si è capito, indiscrezioni a parte, quali siano le idee in campo. Proposte concrete, oltre gli inevitabili paroloni elettorali. Di nuovo, e a scanso di equivoci: non che si dovesse fare tutto in un mese. Tanto più che il panorama resta frammentato, tra chi pensa ai fondi, chi litiga sui diritti tv, chi pensa a come arrivare alla fine del mese o della stagione. Ecco, tutto e subito, no. Ma almeno iniziare a parlarne, questo sì.

Ivan Cardia

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