La storia del Novara Calcio (l'Associazione Calcio Novara nella stagione 1956-57)

Da sabato 2 gennaio Tuttonovara pubblica settimanalmente la storia del Novara Calcio a partire dalla stagione 1912-13
02.10.2021 09:00 di Roberto Krengli Twitter:    vedi letture
Fonte: it.wikipedia.org
Il Novara 1956-57
Il Novara 1956-57
© foto di forzanovara.net

Raccogliamo qui le informazioni riguardanti l'Associazione Calcio Novara nelle competizioni ufficiali della stagione 1956-57.

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Presidente: Francesco Plodari

Allenatore: Luigi Rossetto, poi Evaristo Barrera

Stadio: Stadio Comunale di via Alcarotti

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Il Novara si classifica al 16° posto della Serie B.

La Serie A 1955-56 è la 25ª edizione dalla manifestazione e l’undicesima organizzata dalla Lega Nazionale Calcio.

Il campionato si disputa con la formula del Girone all'italiana dal 16 settembre 1956 al 23 giugno 1957 e vi partecipano 18 squadre:

Alessandria (Stadio Giuseppe Moccagatta), Bari (Stadio della Vittoria), Brescia (Stadium di viale Piave), Cagliari (Stadio Amsicora), Catania (Stadio Cibali), Como (Stadio Giuseppe Sinigaglia), Legnano (MI) (Stadio di via Carlo Pisacane), Marzotto Valdagno (VI) (Stadio dei Fiori), Messina (Stadio Giovanni Celeste), Modena (Stadio Comunale), Novara (Stadio Comunale), Parma (Stadio Ennio Tardini), Pro Patria (di Busto Arsizio (VA)) (Stadio Comunale), Sambenedettese (di San Benedetto del Tronto (AP)) (Stadio Fratelli Ballarin), Simmenthal-Monza (di Monza (MI)) (Stadio San Gregorio), Taranto (Stadio Valentino Mazzola - Stadio della Vittoria, Bari (solo 3ª)), Venezia (Stadio Pierluigi Penzo), Verona (Stadio Marcantonio Bentegodi)

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I risultati sono i seguenti:

Vincitore: Verona (1º titolo)

Altre promozioni: Alessandria

Retrocessioni: Legnano, Pro Patria

Capocannoniere del torneo: Paolo Erba (Parma) con 16 reti.

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Stagione

Antefatti

Il campionato si preannunciava incerto; il giornalista della Stampa Gianni Pignata prevedeva un torneo di cui «indovinare l'esito sarebbe come vincere al Totocalcio», e indicava quattro potenziali candidate alla promozione: l'Alessandria, il Cagliari, il Catania e la Simmenthal-Monza. Un pre-campionato deludente induceva a dubitare delle reali possibilità dei piemontesi, autori di una campagna acquisti «milionaria». Il Cagliari puntava sull'esperienza dell'allenatore Rigotti, che nella stagione da poco conclusa aveva condotto in Serie A il Palermo. Il Monza aveva confermato dieci undicesimi della squadra terza l'anno prima, mentre sul Corriere dello Sport Ezio De Cesari evidenziava il valore della compagine catanese, profondamente rinnovata: «minaccia davvero di far sul serio. Di spezzare troppo presto l'equilibrio. I nomi ci sono. Gente che in B neanche il Novara può vantare». Riguardo agli azzurri, essi provenivano dalla A e avevano confermato «più o meno la stessa squadra della passata stagione»; lo stesso De Cesari rilevava la presenza di «troppi anziani» e la dirigenza dichiarava «di non nutrire pretese», considerando l'incombente torneo sostanzialmente di transizione. Tra le outsider erano citate il Verona («dovrebbe combinare qualcosa di buono»), il Brescia («con una prima linea di "pivelli" guidata da Fraschini») ed il Legnano («unica squadra che non ha cambiato un uomo del suo schieramento»).

Il campionato

Il Messina, dopo una fulminea partenza sulla quale l'allenatore Hiden aveva ostentato prudenza («non si deve pensare che il Messina possa ancora conseguire progressi vistosi»), lasciò spazio alla più solida avanzata del Verona, che nelle prime sette gare seppe mantenere la propria porta inviolata; il cronista Enzo Longo descrisse gli scaligeri come squadra «equilibrata in ogni reparto, veloce ed estrosa, ha il merito di giocare un foot-ball piano, facile, senza fronzoli ma pur sempre redditizio. Alla valentia ed all'astuzia dei pochi anziani, accoppia la velocità ardente dei suoi giovanissimi». Sconfitti i gialloblù nello scontro diretto, l'Alessandria s'insediò nelle posizioni di vertice; in quello stesso frangente due crisi di risultati estromisero dalla lotta per la promozione Monza e Cagliari, che sollevarono dall'incarico i rispettivi allenatori. A Rigotti, in particolare, era contestata l'insistenza sul catenaccio («Il Cagliari non ha scattisti all'attacco e l'handicap è insormontabile per chi vorrebbe affidarsi al contropiede» spiegava De Cesari); poiché col più offensivo Silvio Piola i risultati non migliorarono, il lavoro dell'allenatore fu più avanti rivalutato («Senza i suoi catenacci, il Cagliari [...] sarebbe oggi in zona retrocessione»). Calava il suo ritmo anche il Messina («non sono bastati i coraggiosi esperimenti tentati da Hiden [...] per poter competere a lungo con avversari più ricchi e più bravi»), che nel girone di ritorno, in piena crisi, arrivò ad affidare per un periodo la panchina al venticinquenne mediano Colomban. Emersero invece il Venezia neopromossa che andava «superando le più ottimistiche previsioni» e che vantava un calciatore (Paolo Barison) convocato in Nazionale, ed il Catania; furono soprattutto i rossazzurri, il cui allenatore Poggi si era deciso ad adottare una tattica prudente e meno spregiudicata rispetto alle prime giornate, ad approfittare di un rallentamento delle due squadre di vertice e ad agganciare il Verona in vetta proprio alla fine del girone d'andata.

Nel girone di ritorno nessuna squadra seppe andare in fuga, e si delineò un campionato «sottomedia». Il Verona, pur «ben guidato e ben controllato» era considerato avere «mezzi inferiori tanto al Catania quanto all'Alessandria per qualità», mentre i rossazzurri davano ai critici la sensazione che se non fossero stati i grigi ad aver «fatto tutto il possibile per spianargli la strada, il campionato sarebbe finito per loro da un pezzo». I piemontesi, dal canto loro, soffrivano di una certa incostanza (scriveva La Stampa: «l'attacco, sia pure con alti e bassi di rendimento, si è dimostrato quasi sempre all'altezza della situazione. Non così la difesa, che nonostante il prodigarsi dell'ottimo Pedroni, ha incassato in quindici partite diciannove goal»); col tempo aumentarono le critiche alla gestione di Sperone: «Ha una manovra prolissa, tatticamente è un mezzo disastro. Un'Alessandria ben guidata [...] avrebbe potuto emulare le gesta dell'Udinese dell'anno passato» (De Cesari). Il terzetto procedette dunque con lentezza, ed assisté al ritorno del Brescia, che aveva trovato «nel diciassettenne Nova il rimedio ai suoi guai d'attacco». Le quattro squadre giunsero all'ultima giornata in un gruppo tanto compatto che, terminati i primi tempi, risultavano tutte prime a pari merito. Al Verona bastò poi un pareggio per conquistare la promozione nel massimo campionato dopo ventott'anni, la prima nella Serie A a girone unico. Alessandria e Brescia approfittarono invece dell'inopinata caduta del Catania nei minuti finali della gara contro un Modena in inferiorità numerica e già salvo per scavalcarlo e chiudere in seconda posizione. La società rossazzurra arrivò a svolgere «un'inchiesta» sul comportamento dei calciatori nel corso della partita ed inflisse loro una multa di 100 000 lire.

Lo spareggio tra le seconde si disputò allo Stadio di San Siro il 23 giugno 1957; l'Alessandria, che disponeva «di uomini più maturi ed esperti» vinse ai supplementari «meritatamente», avendo «dimostrato di possedere una più solida inquadratura di squadra». L'inviato del Corriere dello Sport Giulio Signori rilevò che il Brescia «non si sarebbe lasciato sfuggire il successo [...] se un terzo delle occasioni da gol create a ripetizione fosse stato sfruttato». L'Alessandria, che nel mese di aprile aveva sostituito Sperone con l'allenatore delle giovanili Robotti e con il terzino Pedroni, s'impose sviluppando viceversa quello che il cronista dell'Unità Piero Zoccola descriveva come «un gioco sfuggente, fatto di pause, di accorti vuoti, di manovre ritardatrici».

In zona salvezza fu premiata la rimonta che la debuttante Sambenedettese avviò nel finale di campionato: per il Corriere dello Sport «elemento determinante della salvezza» fu affidare «la direzione tecnica», nel girone di ritorno, a Capocasale. Un'altra risalita fu tentata della Pro Patria e, pur creando nel finale alcune angosce ad un Taranto in difficoltà, non condusse a risultati concreti: i bustocchi, alla loro seconda retrocessione consecutiva, fecero ritorno in Serie C dopo sedici anni in compagnia del Legnano, che a sua volta mancava dalla terza divisione da prima dell'interruzione bellica. Le due squadre lombarde retrocedevano assieme, a pochi anni dalla rinuncia alla fusione nell'Olonia, e per i lilla si rivelò un viaggio senza ritorno.

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La rosa azzurra

Portieri: Ivano Corghi, Fausto Lena

Difensori: Rino De Togni, Ugo Gherardi, Piero Pombia

Centrocampisti: Ambrogio Baira, Piero Biagini, Battista Corbani, Silvio Feccia, Luigi Molina (II), Giorgio Nosari

Attaccanti: Benito Albini, Pietro Breda, Gino Cappello (IV), AIvar Eidefjäll, Fulvio Macchi, Adriano Manzino, Andrea Marzani, Giambattista Moschino, Carlo Piccioni, Bruno Sguaitamatti

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