Il punto sulla Serie C (di Tommaso Maschio)

18.12.2019 11:00 di Roberto Krengli Twitter:    vedi letture
Fonte: tuttoc.com
Tommaso Maschio
Tommaso Maschio

“Quello che non ho” cantava Fabrizio De Andrè. “Quello che non è” scrivo io parafrasandolo, senza averne lo stesso talento e la stessa vena poetica, facendo un paio di passi indietro su quanto successo la scorsa settimana nel mondo del calcio femminile, ovvero l’approvazione di un emendamento alla legge di bilancio che ha fatto gridare, in maniera errata, all’arrivo del professionismo per le atlete. Cosa che invece non accadrà, non nell’immediato né in un futuro prossimo visto che la legge 91 resta intatta. Ma andiamo con ordine.

L’emendamento approvato infatti non va a intaccare la legge sul professionismo che recita “sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici” escludendo le donne da questa possibilità, ma prevede un versamento del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali entro il limite massimo di 8mila euro su base annua (ovvero per un ingaggio lordo di 30mila euro). Un investimento statale che si aggira sugli 11 milioni solo per gli sgravi fiscali per il triennio 2020-2022 (3 per il primo anno, 4 per il secondo e il terzo) che serviranno a dare una spinta alle varie federazioni per superare le discriminazioni di genere e intraprendere la strada verso il professionismo anche a livello femminile per il quale serve però la modifica della Legge 91 del 1981, magari approvando quelle modifiche proposte dall’Onorevole Fedeli e che ancora non sono state esaminate dalla commissione competente. Per accedere a questi sgravi serve però che le Federazioni competenti (FIGC, FIP, FIPAV e FIR) recepiscano l’emendamento aprendo o portando avanti dei tavoli tecnici sul tema per applicare le nuove direttive e permettere alle società che lo vorranno di accedere a queste risorse. È chiaro che la discriminazione di genere resta, che il professionismo resta una chimera e che si è solo preso tempo – tre anni – per capire se la crescita del calcio femminile (che è quello che più interessa a noi) continui su questi binari e riesca a raccogliere entrate – da stadio, tv e sponsor vari – che possano rendere sostenibile l’intero sistema. È un primo passo, ma di strada ce n’è ancora tanta da fare e non è detto che il cammino non incontri nuovi ostacoli o che si arrivi infine alla modifica di quella legge che, a oggi, discrimina tutte le atlete italiane.

L’approvazione di questo emendamento ha però provocato la reazione della Lega Pro, con il presidente Francesco Ghirelli in testa, che ha preso la palla al balzo chiedendo la defiscalizzazione per i club di Serie C in modo che questi possano investire in strutture e settori giovanili, rendere più sostenibile la situazione – che come abbiamo visto nel recente passato è sul filo del rasoio in molte piazze – e dare nuovo slancio a una categoria che è alla base del sistema calcio. Una richiesta a cui ha fatto seguito l’annuncio dello sciopero di un turno, il prossimo, in attesa di risposte da parte del Governo a cavallo dell’anno. Una scelta sposata da tutte le società di Serie C, che ha una sua legittimità e che affonda le radici già nella presidenza di Gabriele Gravina, ma che è rimasta a lungo sotto traccia e che solo ora – guarda casa dopo l’approvazione di un emendamento che serve per provare a far uscire da un cono d’ombra e da una situazione di discriminazione – è riesplosa e tornata sulla ribalta. Tra l'altro una defiscalizzazione sul modello dell'emendamento approvato richiederebbe risorse molto più ingenti non fosse altro per il numero di squadre e tesserati interessati. 

Anche se Ghirelli ci ha tenuto a sottolineare di non avere nulla contro il calcio femminile e di volere solo il bene della propria categoria, non ho gradito molto la tempistica con cui il presidente ha mollato gli ormeggi. Perché i problemi della Lega Pro sono certo sotto gli occhi di tutti, lo abbiamo scritto e analizzato mille volte su queste pagine e non solo, ma approfittare di un piccolo, piccolissimo, passo nei confronti di un mondo che vive ogni giorno sulla propria pelle quella che è una discriminazione palese – e che va oltre il calcio e lo sport – a mio parere non è stato un bel gesto o un bel modo per portare avanti le proprie, legittime, istanze. Anche perché così si rischia di offuscare il cammino delle atlete mettendo sempre in primo piano gli atleti, in questo caso calciatori, come se a un passo verso il mondo femminile – che parte molto indietro – debba corrisponderne un passo nei confronti dello sport maschile come a mantenere comunque le distanze fra donne e uomini anziché fare in modo di raggiungere una parità tanto agognata quando lontana dall’essere raggiunta. Nello sport come in ogni altro ambito della vita.

Tommaso Maschio

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