Gravina e la Serie C: riparare le fondamenta per dare solidità a tutta la struttura (di Dario Lo Cascio)

Siciliano, ex studente a tempo perso, lettore per necessità, scrittore per passione, da dieci anni giornalista per divertimento
01.11.2018 11:00 di  Roberto Krengli  Twitter:    vedi letture
Fonte: tuttoc.com
Dario Lo Cascio
Dario Lo Cascio
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Alla fine si gioca. Se si può parlare di fine. Possiamo comunque certificare che per cinque delle sei squadre che speravano nel ripescaggio in Serie B ormai non c’è più nulla da fare. Novara, Pro Vercelli, Catania, Ternana e Robur Siena sono “condannate” a disputare il torneo di Serie C, come da decisione del Consiglio di Stato. La Lega Pro ha calendarizzato queste gare, così come quelle di Virtus Entella, che giocherà domenica contro il Pisa, e Viterbese. Se però i liguri ancora attendono la sentenza definitiva – giocheranno comunque contro il Pisa, la cosa non pregiudica un’eventuale riammissione – la Viterbese si è definitivamente “arresa” e sabato scenderà in campo contro il Rieti, dunque nel Girone C.

E nelle prossime settimane si parlerà anche di risarcimenti. Perché i vari club si sono sì rassegnati alla C, ma non a quello che ritengono un giusto indennizzo in termini di danni economici. Si parla di cifre nell’ordine dei milioni di euro. Anche se qualche presidente, come Massimo Secondo della Pro Vercelli, mette le mani avanti e dichiara come ancora sia presto per fare i conti. Certo però è che si continuerà fino in fondo, per vedersi riconoscere almeno la ragione.

Diciamocelo comunque, questo è stato un vero e proprio annus horribilis per il calcio italiano. Ce ne sono stati altri, è vero. Calciopoli, il calcioscommesse. Ma forse mai come in questo 2018 la destabilizzazione è arrivata non tanto dalla base, da singoli club o addetti ai lavori, ma dai vertici. Già, il caos è esploso dall’alto. Da gennaio, quando la Federazione Italiana Giuoco Calcio da punto di riferimento per tutto il movimento dello sport nazionale, è rimasta senza una guida.

Solo pochi giorni fa Gabriele Gravina è diventato presidente della FIGC. Ma cosa sarebbe accaduto se fosse stato eletto a gennaio, quando invece l’empasse e l’impossibilità di ottenere la maggioranza avevano obbligato al commissariamento? Probabilmente ci saremmo evitati tutto questo. Non tanto i club di B che non si sono iscritti – Bari, Cesena e Avellino – quanto la lunga querelle relativa ai ricorsi, poi bloccati in extremis dalla decisione unilaterale della Lega B di imporre un – ci prendiamo la responsabilità del commento – non naturale format a 19 squadre. Un torneo dispari già di per sé porta a delle storture, figuriamoci quando blocca anche quelli che dovevano essere dei ripescaggi che, regolamento alla mano, a chi vi scrive sembravano più che legittimi.

Non sarà assolutamente facile per Gravina risolvere quindi tutte le grane del calcio professionistico ed in particolare quelle relative alla B e alla “sua” Lega Pro, per la quale, manco a dirlo, non ci saranno ovviamente favoritismi particolari. Ma è chiaro che proprio la terza serie e le sue criticità sono tra i nodi da risolvere in prima istanza.

Concentrandoci infatti sulla Serie C, nostro campo di specifico interesse, al di là sicuramente della riforma tout court della Giustizia Sportiva che, di fatto, in questo momento non funziona come dovrebbe, possiamo giudicare quel semiprofessionismo già da tempo promosso dallo stesso Gravina la soluzione migliore a breve e medio termine. Di problemi oggi nel calcio ce ne sono tanti ma, senza timore di sbagliarci troppo, è proprio la Serie C che fa salire in superficie molte delle criticità più eclatanti.

Anche in questa stagione ci sono stati problemi con le fideiussioni, ritardi nei pagamenti – appena ieri le prime penalizzazioni, con stangate per Lucchese e Matera – inadempienze varie. Ovviamente tutti ci auguriamo che casi come quello del Modena o del Vicenza non si ripetano, con club storici che spariscono nel nulla, aggrappandosi ad un miracolo – leggasi Renzo Rosso e l’operazione di “trasferimento” del Bassano – ma realisticamente parlando al momento si tratta di eventi fisiologici.

Perché le regole, volendo, ci sono. Quel che manca è un monitoraggio ben più selettivo a priori. I restringimenti imposti dal professionismo potrebbero essere allentati, dare maggiore respiro, con l’introduzione del semiprofessionismo. È qui che Gravina deve battere perché per fare sopravvivere la Serie C non esistono altre soluzioni se non venire incontro alle esigenze dei più, perché i club veramente solidi a livello economico sono una minoranza, contro una maggioranza che spesso naviga a vista. L’errore qui però è dietro l’angolo, perché nella sua mission Gravina dovrà prestare molta attenzione a non far allargare troppo le maglie. Di “furbi” nel mondo del calcio se ne sono visti tanti, negli ultimi anni anzi pare abbiano proliferato, probabilmente bivaccando grazie alla congiuntura globalmente sfavorevole, pensando di farsi issare a salvatori quando l’intento era solo di pura razzia.

Quando si costruisce un edificio è dalle fondamenta che si parte. Dalla base bisogna iniziare per riassestare una struttura traballante. C’è molto da fare per il presidente Gravina e per la FIGC, che non può e non deve esimersi dall’essere protettrice ma al contempo giudice, garante ma imparziale. Cosa che questa estate non è successa. Se il presidente fosse stato eletto a gennaio, forse ci saremmo limitati a parlare di ritiri, trattative, calendari. Invece, nostro malgrado, abbiamo scritto fino alla nausea parole come ricorso, delibera, TAR, Consiglio di Stato, Collegio di Garanzia, e via dicendo.

L’unica consolazione che possiamo trovare in questo marasma è la speranza che abbia contribuito a ridare stabilità, in un prossimo futuro, al calcio italiano e, soprattutto, ad una Serie C quanto mai disastrata. Un dolore necessario per una fase migliore.

Dario Lo Cascio